venerdì 30 novembre 2012

PRELIMINARI A TAVOLA






Quando si conosce una persona, si sa che la prima impressione è quella che conta. Ma non basta solo il modo in cui ci si presenta la prima volta, non è sufficiente il look del primo scambio di stretta di mano, la parlata sciolta, il linguaggio del corpo. La prima uscita per mangiare qualcosa gioca un ruolo davvero incisivo. Il cibo è convivialità, è condivisione, un pasto è il momento ideale per prendersi una pausa dal tran tran e concentrarsi sulla persona che abbiamo davanti, senza far sembrare la cosa un interrogatorio. Se tra i due non ci fosse una tavola con del cibo sopra, sarebbe uno speed date: lui, lei e il campanello per la fuga. Certo, a volte la durata del pasto risulta un protrarsi dell'agonia, la conversazione sul meteo sguazza nel puccio dell'arrosto, nell'attesa del caffè da ingollare al volo e del conto che, a quel punto, non importa chi paga, basta andare. Altre volte invece si può benedire la dislessia del cameriere che vi porta per due volte quello che non avete ordinato, ringraziate che l'altro abbia chiesto il risotto alla milanese o la balena al sale che necessita di 3 orette di cottura.
Ma ricordiamo che siamo alla prima uscita, quindi la cornice gioca ancora un ruolo fondamentale, la scelta del dove è cruciale.
Il "fai tu, per me è indifferente", è la frase più falsa che esista. L'altro potrebbe decidere di portarvi nel ristorante solito, dove lo conoscono dall'infanzia. E allora non vale, è come giocare in casa. Ci si sente subito sotto esame, sai che chi prende l'ordine se la ride sotto i baffi e andrà in cucina a spettegolare. Così vi troverete a portare alle labbra ogni boccone con uno strano formicolio al coppino, perché dall'oblò della cucina tutto lo staff starà osservando la scena. E se l'uscita andrà male, avrete la certezza di essere protagonista delle storielle successive del tipo "ti ricordi quella che hai portato quella volta... ah, ma io l'ho capito dal risucchio del bucatino che non faceva per te". O magari, peggio, siete sedute al tavolo delle ex, perché quel luogo familiare è dove lui sfoggia le nuove conquiste. "Anche lei la pizza senza mozzarella? Ma com'è che mi porti tutte ragazze a dieta?"-"La casoela, signorina? Ah, vedo che hai abbandonato il tipo snob per uno più rustico, eh?"
Il ristorante etnico è un'altra scelta pericolosa."Scusa ma a chi non piace la cucina nepalese?" E davanti  un incomprensibile menù, vi troverete in balìa della "scelta dell'esperto" che vi farà arrivare un riso in brodo di razza da mangiare con le bacchette. E mentre voi studiate la tecnica migliore per creare una sorta di tzunami che rovesci elegantemente il liquido bollente nella vostra bocca, nel modo più disinvolto possibile, lui avrà già finito e aspetterà che vi siate resa sufficientemente ridicola per dirvi che in realtà il cameriere stava arrivando con il cucchiaio.
Il bistrò-taverna è una scelta fintamente alla mano, perché al tagliere di affettati e formaggi precede una interminabile lista di vini, che lui ha appena finito di studiare al corso via internet di sommelier. E mentre si dilunga nella spiegazione di note e bouquet, e il cameriere che conosce la cantina a menadito soffrigge lentamente desideroso di intervenire, voi ringraziate che la portata sia di cibo che non si raffredda e che alla fine magari rischiate pure di degustare accompagnato da un vino liquoroso, voi che avreste scelto un barolo o un frascati o che magari, quando lui se ne esce con la travagliata proposta, confessate di essere astemie.
Il regionale della provenienza dell'invitato per fargli un favore? Non è detto che un piemontese straveda per la bagnacauda, che un valdostano vada in visibilio per la fonduta o che un milanese si conquisti con una composizione di rostin negàa. Io, "se te me portet a mangià la casoela o la polenta cont l'oss buss perché te se de Milan", stretta di mano e ciao.
Il fast food. E qui poco da dire. Perché mi ha portato in un fast food? Perché il pasto è fast in caso di serata noiosa? Perché non vuole fare un investimento su un eventuale rapporto futuro? Per vedere se sono abbastanza alla mano? Perché è un eterno bambino che non ha educato il palato a qualcosa di diverso da pastasciutta e cotoletta con patatine? Perché vuole che mi ricordi di lui ogni volta che indosserò questo maglione, da cui non leverò mai più l'odor di fritto? (devo continuare?)
Il ristorante monotematico. No , non si fa, è oltremodo scorretto e rischia di far passare l'altro per un partner difficile da accontentare, per uno snob o uno spitinfio."Ho prenotato in churrasqueria-ma io sono vegetariana","allora giro pizza- sono celiaca","Ai 23 risotti?-sto facendo la Dukan","La casa della salamella e della porchetta-sono musulmana".
E non cercate di fare colpo con la nouvelle cuisine o la molecolare. Non solo risulterete noiosi, ma ci lascerete lo stipendio su quella "sinfonia di finferlo con apostrofo al prezzemolo" o sulla "poesia d'ostrica con perla di limone". Non è nemmeno afrodisiaca come dicono, a meno che non abbiate mangiato prima. Allora, e solo allora, avreste la forza necessaria ad arrivare in seconda base.
Alla fine meglio un locale anche che avete già provato, ma dove non siete di casa, almeno la prima volta; dove il menu preveda di tutto e che non richieda un look né tiratissimo né da trattoria con la segatura per terra. Dove si prospettano tempi adatti a intavolare una conversazione completa, in cui sia concesso commettere degli errori e ci sia spazio per dire la vostra se lui o lei partono con un monologo sulla loro vita. Con prezzi adeguati ad una prima uscita (non troppo bassi altrimenti fate la figura dei cheappettoni, non troppo alti o fate la figura del ganassa).


lunedì 26 novembre 2012

IL CIOCCO-LATO DELLE DONNE



Non fa discriminazione di razza, età, fascia di reddito, orientamento politico, taglia di vestiario. C'è chi lo ammette apertamente, chi invece preferisce mantener una certa riservatezza. E' un qualcosa che rende ogni donna uguale alle altre, che lo vogliamo o meno. Di cosa sto parlando?Ma del cioccolato naturalmente.

 A ognuno il suo, bianco, al latte, con nocciole, amaro a diverse percentuali. E' un piacere proibito o una ricompensa, una consolazione e un anti depressivo. Non possiamo vivere senza, nemmeno quando siamo a dieta. Sarà per questo che sono stati spesi milioni nella ricerca nutrizionale per trovare una valida scusa per sdoganare un quadretto di cioccolato al giorno. E' una peccaminosa leccornia che abbiamo conosciuto la prima volta da bambine, magari quando, ancora sdentatine, la mamma ci ha allungato la ciotola della mousse di cioccolato da piluccare con il cucchiaio di legno.


 E quello è stato l'inzio della fine. L' impegno scolastico raddoppia se menzionato un quadretto di golosa ricompensa. Si prova il vero piacere di intingere il dito nel barattolo della Nutella, che è molto più buona così che generosamente spalmata sul pane casereccio(che è talmente tira e molla che con lo strappo del morso di trovi al crema di nocciole fino all'attaccatura dei capelli),  Qunado poi si scopre la Pasqua con le sue uova dal contenuto sempre deludente, ecco che la festa più importante del calendario religioso diventa anche il culto del "dio cacao".


 La goduria, da piccole (ma anche da grandi in sbeata solitudine) di impiastricciarci con le grosse schegge dell'uovo di cioccolato, fino all' età matura, in cui il numero delle uova diminuisce in favore di un investimento in un cioccolato pericolosamente di ottima qualità, tipo il Lint dall' irresistibile scioglievolezza, che ci fa domandare se davvero servano a qualcuno le ricette che escono sulle riviste i giorni successivi, su come riciclare gli avanzi (quali avanzi?). Anche perché diciamocelo: il budino al cioccolato? Ottimo. La mousse? Afrodisiaco finale per una cena a due. La crostata al cioccolato? Gustosa per accompagnare il cappuccino a colazione. Ma vuoi mettere il piacere del sonoro "TACK!" del pezzo di cioccolato puro in tavoletta? Il sensuale spogliare la pralina del suo abito da sera in lamè per portarne alla luce le curve sinuose e sentire lo spandersi del dolce profumo.


 Quale delizia, una domenica pomeriggio quando viene buio presto, con la pioggia che invidiosa fa scivolare le dita sui vetri del soggiorno, accoccolarsi sul divano e aprire la scatola dei cioccolatini elegantemente in vista sul basso tavolino davanti a voi. Come aprendo un cofanetto di gioielleria, le piccole meraviglie di cacao luccicano tentatrici, e la lingua già sente il piacevole avvolgersi intorno alla nota geometria del cioccolatino, da stringere in uno scioglievole abbraccio.
Ma c'è anche chi, invece, vive per il piacere di far schioccare la tavoletta tenuta rigorosamente in frigo, sentire sotto i denti il sapore che via via si rianima dopo il congelamento.


Compagno di letture e confidenze, risposta alle delusioni amorose e alla mancanza di affetto, il cioccolato ha il potere di calmare e appagare, di eccitare e mandare in estasi. Avete presente il film "Abbasso l'amore"? Con cosa venivano sostituiti gli uomini? Con il cioccolato.


 Non che io creda in questa possibilità sul lungo periodo, però il cioccolato e la relazione che si instaura con esso ha dei tratti in comune con una relazione vera. Pretendiamo di non poter vivere senza di lui sentendoci impazzire quando realizziamo che se n'è andato davvero e siamo state noi a buttarlo fuori, lo amiamo ma ci disperiamo quando ne abusiamo e il nostro amore ci si ritorce contro. Ci fa ridere e ci fa piangere, ci fa sentire padrone della situazione per poi scoprirci succubi e piacevolmente dipendenti. Ci soccorre nei momenti del bisogno e ci coccola dopo una giornata stressante. Sembra non debba mai finire, ma una mattina ci sveglaimo e ci tocca uscire a cercarne uno nuovo. Ci fa sentire sexy e ci fa venire voglia di osare, stimola la fantasia e ci fa sperimentare sensazioni che non credevamo possibili.
E alla fine vince sempre lui, perché la vita senza sarebbe una tristezza, perché ce n'è per tutti i gusti, perché è anche semplicemente bello da guardare, da toccare, da pensare.
E' infanzia candida e lussuria sfrenata,  malizia e innocenza, semplicità o lusso decadente.
Toglietemi tutto, ma non ....


venerdì 23 novembre 2012

CAFFETTINO?





La pausa caffè è una di quelle italianissime invenzioni di cui non possiamo non andare fieri. E' veramente un qualcosa di imprescindibile all'interno della giornata. E' talmente parte della nostra cultura che, sebbene il compagno di corso-il collega-l'amico con cui vogliamo condividere l'attimo di sublime sospensione temporale, ci abbia detto circa 15000 volte che lui-lei il caffè non lo beve, la domanda "caffettino?" sale alle labbra comunque incontrollata.
Qualcuno starà pensando: "e gli americani allora? Tra Starbucks e tutte le caraffe di caffè sempre pronte che vediamo nei film, vuoi dirmi che loro questo culto della caffeina non ce l hanno?". La risposta è no. Gli americani sono caffeinomani, non conoscono l'arte della tazzina. Sgargarozzano litri di corroborante brodazza bollente, o fanno le pozioni come i bambini arricchendo il liquido di base con spruzzate di caramello, panna, latte condensato, aromi dalla zucca al cardamomo, dense nuvole di crema di latte e chips di cioccolato etc... ma non è più caffè, è un dessert liquido, qualcosa di tremendamente ricco, simile ai mix iper calorici che si portano dietro i volontari di Emergency e gli scalatori dell'
Everest. Alla base del percorso di salita del K2 c'è uno Starbucks, non lo sapevate? E' sponsor ufficiale del giro del mondo in motociclo e della traversata del Pacifico. Certo, qualcuno anche dopo un litrozzo da 3000 kcal schiatta a metà tragitto con il fegato che urla vendetta, ma mica per colpa del mocha-ciocco-vanilla-cream-dulce de leche-cinnamon coffee sia chiaro.
E poi, quei bicchieroni di carta con il coperchio, una vera sfida, una minaccia. Nascondono l'arrivo in bocca di un sorso da 120 gradi centigradi di temperatura, che se ti fermi per un caffè appena sbarcato in un qualunque aeroporto degli States, sai che quell'ustione pruriginosa al centro della lingua te la porterai dietro tutta la vacanza.
Ma torniamo a noi. A Milano ,come tutto, anche il caffettino è una cosa espressa e rapida, soprattutto se rischia di interrompere il tran tran quotidiano più di due volte nella tabella di marcia lavorativa. Cosa diversa al sud, dove il caffè si prende con somma calma e diventa un rituale che necessita di circa 45 minuti di metabolizzazione.
E ognuno vive la tazzina a modo suo. Il primo caffè della giornata è senza dubbio il più godereccio, quello a cui si possono concedere una sfogliata a una rivista (dalla cui copertina sono già stati individuati i titoli da concentrare nei 4 sorsetti di espresso) piuttosto che alla Gazzetta (da consultarsi con aria da "non ho tempo per un confronto sportivo", onde evitare che il tifoso avversario di turno vi faccia andare di traverso quanto state bevendo, sottolineando come, se i vostri hanno vinto, sia stata una ladrata e, se han perso, un finale prevedibile. Mai riceverete un complimento sportivo con la Gazzetta in mano.)
La pausa caffè è poi un bellissimo momento di confronto. Appena arrivati in ufficio o a scuola l'amica di turno vi trascinerà alla macchinetta, soprattutto se è lunedì, e vi rovescerà addosso più notizie di quante il vostro cervello ancora intorpidito dal sonno potrà registrare. E prima di selezionare la quantità di zucchero, cercate di cogliere il tono delle confidenze: una o due tacche basteranno se lei allungherà di lacrime il suo caffè lagnandosi della sua vita grama e del fidanzato assente, e allora voi vostro malgrado cambierete prospettiva su quel collant smagliato appena uscite di casa, e sul fatto che anche ieri sera lui vi abbia obbligate all'ennesimo film di Steven Seagal. Se invece attacca a raccontare dello strepitoso week end con festa vip e notti a luci rosse, facendo scemare la gioia che provavate la sera innanzi, quando siete state le prime del forum Face Book di Fox Crime a risolvere il caso di CSI, beh allora tenete premuto il tasto dello zucchero finchè non vi verrà il diabete.
La tazzina è alleata in caso di riunioni e lezioni noiose, in dose massiccia ha un effetto botox molto utile per fissare sul volto un'espressione di fissa attenzione, permettendo al vostro subconscio, su di giri per la magica combinazione di caffeina e zucchero, di schizzare da una parte all'altra del vostro cervello, come quei bambini che mangiano la cioccolata dopo le 17. Il vostro piccolo Io interiore comincerà a correre da un archivio mentale all'altro, tirando fuori idee e progetti come solo un buon espresso sa fare.
Ultimamente il caffettino però ha perso il suo gusto democratico, andando a prendere tutta una serie di sfumature che distinguono i diversi estimatori.
Non c'è più l'universale "espresso". Ora, se chiedi "un caffè" al bar lasci spiazzato il barista che comincerà ,come nella vecchia pubblicità dell' Happy meal (ve la ricordate?), ad elencare : lungo? corto? doppio? in tazza grande? in ceramica o in vetro? con cacao? macchiato caldo?o freddo? con zucchero di canna? bianco? succo d'agave? stevia? al ginseng? shakerato? corretto? - e tu che volevi solo un caffè hai voglia di sederti in un angolo a dondolarti con le ginocchia al petto, chiedendoti perché ad un tratto anche l'unica cosa semplice della vita è diventata una risposta ad una domanda difficile.(e ormai sono anche pochissimi i posti che ricompensano lo sforzo della scelta con il chicco di caffè ricoperto o il cioccolatino accanto alla tazzina.sig!) Lo stesso alle macchinette. Ognuna ormai ha un costo diverso, prende tagli di monete diverse, dà o non dà resto, e c'è una pulsantiera progettata dagli ingegnieri della Boing, che ora che hai letto tutti i comandi è suonata la campanella e la fila dietro di te è pronta al linciaggio a suon di monetine accuratamente contate.
La vecchia moca brontolona, un po' incrostata e magari tramandata da generazioni, guarda dal fornello la meravigliosa, lucida e sexy multifunzionale macchinetta casalinga, che fa 15 latte frappuccini nel tempo che dalla caffettiera escono 2 espresso corti, e osserva con disprezzo la latta del caffè in polvere sfoggiando di rimando una parure di capsule metallizzate di tutti i colori (che alla fine uno perde il senso della scelta per aroma e compra quelle che stanno meglio con i colori dei pensili della cucina.)
E mentre George Clooney compra dei baffi posticci per richiamare il rassicurante omino Bialetti, e quest'ultimo fa un po' di addominali e cerca casa sul lago di Como per darsi un tono, noi in un modo o nell'altro ci destreggiamo tra un impegno e l'altro grazie ai super poteri datici da quelle due dita di scura pozione che tiene alto il ritmo quotidiano.

giovedì 15 novembre 2012

CASTEGN E CASTEGNATT. CALDARROSTE SOTTO LA MADONNINA

PRODOTTO D' AUTUNNO 3 - CASTAGNE



el castagnattGhe disen castegnatt impunement
a chi catta sù castegn e a chi ne vend
e la quistion in fond la interessa nient.
Forse on quajghedun el podariss imprend
che a Milan, tra i vari mestée ambulant,
gh'eren i vendidor de castegn lessàa,
pelàa o cont el guss e rostii oltertant.
Incoeu j gent... d'alter gust hin sopressàa!!


Letteralmente "IL CASTAGNAIO. Vien chiamato castagnaio impunemente chi raccoglie castagne o chi ne vende e la questione in fondo non interessa affatto. Forse qualcuno potrebbe apprendere che a Milano, tra i vari mestieri ambulanti, c'erano i venditori di castagne lessate, sgusciate o con il guscio e arrostite altrettanto. Oggi le genti... d'altri gusti sono pressate!!...

Come fa Milano d' autunno il venditore di castagne, oggi sempre più care e sempre più vendute da signori che non ricordano minimamente la figura nata nel dopoguerra e tanto cara alla memoria dei nonni. I "fironàtt" poi, quei signori che venivan in piazza Duomo da Cuneo per vendere le fila di caldarroste infilate a collane, quelli proprio sono una rarità assoluta. Il loro grido di battaglia "Gh'hemm i cuni de Cuneo!
Cinqu ghei trii numer! Trii ballett cinqu ghej! Bèi fironni!", con cui invitavano i clienti a partecipare ad una lotteria per vincere i cuni, le castagne, ormai non lo si sentirà più. E con nostalgia guardo verso la Madonnina che brilla tra gli stracci di nuvole grigio perla e armeggio con il mio scartoccio rovente, che non è più il vecchio cono di carta contenete le "caramelle degli studenti" (che oggi risparmiano se si comprano quelle vere, ma che scivolone di classe, che banalità), ma un furbissimo doppio sacchetto di carta con una tasca per le bucce. 
"Peladej! Oh i peladej! Oh bèi cotti, col saa e l'erba bonna! Cinqu ghej e mezza! E bujen!".
Dubito che il cinese con i guanti in lattice che rimesta le caldarroste imparerà mai queste parole per farmi contenta, e io maniaca dell' igene rifiuto per una volta il suo tocco guantato e sterile per cercare quelle mani nere di fumo e con i guanti senza dita alquanto consumati, che accarezzano i bruni regali d' autunno.
E le castagne sono anche ricordi di scuola, quando la maestra ne portava un cesto in classe con tutti i ricci e ci mostrava le foglie lunghe, i frutti e i semi (perché la castagna non è il frutto). E noi poi a disegnarle per bene in tutte le varanti sui Fabriano ruvidi, su cui la matita di tanti diversi toni di marrone grattava tremola...

Ecco allora tre ricette davvero facili e buonissime per portare in casa l'aroma dei marroni e il profumo di novembre.

-STRACCI DI FARINA DI CASTAGNE CON SALVIA E RICOTTA SALATA

-150g di farina di castagne
-50g di farina 0
-2 uova
-acqua tiepida qb
-sale
-ricotta dura o ricotta al forno
-salvia
-una noce di burro

Fate una fontana con le due farine(setacciate quella di castagne che tende a fare i grumi), rompete in mezzo le uova, il sale , e sbattete con la forchetta. Impastate con un cucchiaio o due di acqua tiepida e fate una palla da far riposare una mezzoretta minimo. Stendete l' impasto o con la macchinetta, o come ho fatto io con il matterello. A me piace un cicinin gnucca, quindi non è sottilissima, fate 3 mm di spessore. Tagliate a rombi e buttateli in acqua salata bollente un paio di minuti. I una padella intanto fate sciogliere il burro con la salvia. Scolate con una schiumaiola gli stracci e buttateli nella padella, grattugiate la  
ricotta un po' abbondante e allungate con un mestolo di acqua di cottura per legare bene il tutto.
servire subito .











-RISOTTO ALLE CASTAGNE

.1 cipolla bionda
-moscato
-riso carnaroli per 4 persone
-un bicchiere di moscato o mezzo di cognac
-brodo di pollo
- 250g di castagne cotte lesse
-rosmarino fresco
-parmigiano


In un tegame, fate imbiondire la cipolla con un cucchiaio d' olio, tostate il riso e le castagne e dopo un minuto circa sfumate con il vino. Aggiungete man mano il brodo di pollo con un mestolo fino a che il riso non è cotto. Al momento della mantecata con il parmigiano, aggiungete il rosmarino fresco tritato finissimo.


-CRESPELLE DI CASTAGNE CON FORMAGGIO DI CAPRA, PERE, E CIPOLLE DI TROPEA CARAMELLATE

-200g di farina di castagne
-acqua tiepida
-sale
-formaggio di capra di vostro gusto (non un caprino eccessivamente delicato però, media stagionatura sarebbe perfetto)
-una grossa cipolla di Tropea
-un cucchiaio di miele di castagno
-un cucchiaino di burro
-una pera morbida

Dopo aver setacciato la farina, allungatela, sbattendo con la frusta, con acqua tiepida fino ad ottener una pastella con cui farete delle crespelle in una padellina leggermente imburrata. Intanto in un altro padellino fate caramellare la cipolla finemente affettata con il burro e il miele e i cubetti dei pera.
Farcire le crespelle con il capra a pezzetti su cui versare le cipolle e le pere ancora roventi. Servire subito.

Le castagne sono ricche di vitamina A, B1,B2, B3, B5, B6, B9, B12, C e D. 
Ottima fonte di carboidrati, sono facilmente digeribili e consigliate in caso di anemia e inappetenza, hanno un buon apporto di fibre, e il potassio e i minerali in esse contenute le rendono un alimento idoneo per gli sportivi e per reagire ai momenti di stanchezza. Chiamato da Senofonte nel IV secolo a.C. "albero del pane", perchè un alimento in grado di sfamare i villaggi poveri durante gli inverni più rigidi, la coltura del castagno è descritta anche da Marziale nel I secolo a.C. e da Virgilio.  La castagnata ha origini antichissime, ed è sempre stato un moneto di festa e aggregazione, per celebrare questo prodotto fantastico che si può declinare in tantissime ricette, dalle più povere alle più elaborate.





domenica 11 novembre 2012

QUANDO SUPERMAN TORNA A CASA



Padri, fratelli, fidanzati, mariti, amici. Alla fine li si trova tutti sotto la voce "-uomo". Li amiamo, non possiamo vivere senza di loro, se non li avessimo a portata dovremmo rinunciare ad aprire i barattoli di sottaceti, quando si fulminano tutte le lampadine di casa cominceremmo la moda vittoriana dell'illuminazione con candele (molto eco tra l' altro), e le nostre giornate sarebbero tremendamente noiose. C'è qualcosa di meglio del lamentarci dei loro adorabili difetti, che li rendono così speciali e allo stesso temo tutti uguali? Ma facciamo una lista e vediamo chi non ritrova almeno un conoscente in queste osservazioni e studio dell' altro sesso.

-"L'HANDY-MAN": ogni uomo che si metta a guardare per più di due ore al giorno programmi come "L'aggiusta tutto a domicilio", "Flip that house", "Ristrutturo e ci guadagno"  (e non ci spalleggiamo nemmeno tra donne visti i danni provocati da Barbara di "Paint your life") etc...è improvvisamente colpito dal virus del "ghe pensi mi". Ecco che, la prima domenica libera, viene riesumata una bellissima cassetta per gli attrezzi nuova di pacca, con i cacciaviti da quello per gli occhiali a quello per sbullonare un ponte, che lucidi e ammiccanti incitano a smontare tutte le plafoniere di casa per ripulirle, ad attaccare ogni griglietta, filtro, lampadina, cassetta elettrica. Mettono le mani in posti di cui nemmeno immaginavi l' esistenza in casa. Il tutto intervallato da gite al LE ROI MERLYN o CASTORAMA, dove "briko-man" si aggira con aria saputa tra gli scaffali del paradiso del fai da te, meditando se non sia il caso per questi faticosi week end, di acquistare una salopette con cinturone porta attrezzi. E magari ,visto che di abbigliamento si tratta, decidendo di farvi una sorpresa con completino coordinato: "Eppure ti piacevano molto Patrick Swaisy e Demi Moore in Ghost quando ristrutturano casa". Poi torna a casa e comincia.....a chiedere aiuto. Inizia un lavoro e poi "amore mi tieni la scala? posso avere uno scotte? tieni tu questo altrimenti mi sporco". E non appena si schiaccia un dito è la fine..un urlo primordiale si leva dal garage e tutto viene piantato lì, mentre l' eroe di guerra con il dito incerottato torna (piegato ma non spezzato) sul divano a vedere alla tv cos'ha sbagliato. AVVISO: Non mostrategli mai attrezzi affascinanti come l 'ido pulitrice. Mio padre ha passato 12 ore in giardino a pulire marmetti con mia madre spettatrice obbligata perchè ....mah,per gloria maschile?


-"IL RICHIAMO": non importa che tu stia girando una crèpe o che stia operando a cuore aperto o che stia mettendo le ultime due carte incima al castello. Se l'uomo chiama devi correre. E non saprai mai perchè ti chiama finchè non arrivi trafelata sul posto."Caaaaaamyyyyyyyyy!" e lasci tutto e corri per vedere se sta morendo o se ha vinto alla lotteria nazionale....e invece è una candit camera di 12 secondi che lui reputava imperdibile, un concorrente di "mai dire banzaj" che cade e si fa malissimo, per vedere se cintura e scarpe sono coordinate (certe mattina ho fatto corse dal piano di sopra con lo spazzolino in bocca per vedere se era in ordine per uscire), perchè ha sete......e poi la cosa migliore. Il richiamo di "è pronto" o "inizia un film". Perchè quando LUI è in orario e pronto non accetta ritardi..."papà ti ho sentito, finisco e arrivo"...no, non basta, ogni trenta secondi: "allora ci sei?"..."ho detto che arrivo, sto finendo una cosa che non posso lasciare"-"ma il film inizia!"-"ok ma non posso venire subito"-"e perchè hai iniziato a fare qualcosa a 20 minuti dal film?se ti perdi l inizio non te lo racconto"....
Quando LUI chiama tu corri.


-"STO MALE": "ciao come hai dormito?"o"ciao come stai?" sono domande che non si fanno a cuor leggero. Mai. La risposta è quasi sempre "male", in tutte le sue gradazioni. "come stai?"-"mah insomma,non mi sento bene,sto male". E lo sto male va da "sento che ho in corso un'emorragia celebrale" a "mi sono tagliato con la posta". Sto male. Cosa vuol dire sto male? E poi quando non digeriscono perché siete usciti e anche se gli hai detto che se dopo 35 volte, la 36esima in cui ordina il calzone ai 26 formaggi non la farà franca, lui ti ha guardato con aria di sfida e l'ha ordinato con un ventisettesimo formaggio. E se poi scopre che gli abbiamo preparato anche solo una settimana prima un cibo che non è del solito marchio, o che ha cambiato confezione, o che è integrale o che è bio o che non è stato comprato al solito supermercato, ecco che chessò,sul raviolo esselunga ricotta e spinaci si riversano le colpe di notti di agonia.


E gli odori? "qui c'è odore di cucina". Ma va'? è la cucina! Se dici che hai nostalgia del cavolfiore gratinato come lo faceva mamma (che tanto cosa provate a fare, nemmeno Cracco lo farebbe buono come mammà), non posso cuocerlo con un arbre magique a mollo nella pentola per cancellare l'odore, anche perchè poi vada eretro ogni deodorante per ambiente, ogni candela,ogni bottiglia di profumo cn i leggenti, perchè tutto attacca in gola, la gola si gonfia si irrita e lui soffoca. Oppure c'è troppa femminilità nell'aria, e l' odore di gelsomino mal si sposa con l'uomo rude. Mio papà poi con gli odori è formidabile: "qualcuno in questa casa ha cambiato lo smalto, sento l' odore e ho già mal di testa io non posso mangiare qui".


-"MA ABITI QUI?": quando un uomo si trova a restare tra le mura domestiche un tempo superiore a quello che gli ci vuole per carburare e aprire veramente gli occhi, allora ecco che vive un momento di assoluta estasi e stupore infantile. Apre i cassetti meravigliandosi del loro contenuto, vede per la prima volta le tende che avete cambiato due anni or sono e che in realtà meditate già di sostituire. Si sente spaesato e ve lo fa capire con la domanda "amore, dove trovo il pane a fette?""tesoro, prova nel mobiletto sotto il lavandino, ho sentito che si conserva meglio". " Ho aperto il cassetto delle calze. Non ci sono quelle blu"- beh certo, se non sei uno scanner a raggi x, due secondi sono insufficienti a localizzare l'obbiettivo.

Sono giunta alla conclusione che i nostri uomini siano talmente presi dalla parte dell' eroe, della roccia, del salvatore delle situazioni fuori di casa, che non appena rientrano nella dimensione domestica, non appena si rilassano e allentano la tensione BAM! ci passano mantello e tutina e diventano loro quelli da accudire. Dopo tutto si sa, dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna.

lunedì 5 novembre 2012

LA TRIBU DEGLI "EL FO MI" (LO FACCIO IO)

Tutti noi ne conosciamo qualcuno. Fanno parte di una setta sfortunatamente non così segreta, il cui fanatismo è fomentato ultimamente in modo sconcertante dai media. Sono peggio dei testimoni di Geova, perché a loro, per rapporti di amicizia o parentela, non puoi chiudere la porta in faccia, non puoi scappare. E come i testimoni di Geova li riconosci a distanza. Sto parlando dei "FO MI", i votati  all'hobbistica, quelli che hanno attivato "My Sky" per non perdersi una sola puntata di "Paint your life" e avere la possibilità di rivedere e seguire passo passo la santona del momento, la guru del decoupage, che con la sua aria da fatina entra nelle case degli italiani seminando cattivo gusto e incoraggiando pasticcioni per vocazione a recuperare la passione che provavano alle elementari quando c'era da fare il lavoretto di Natale, di Pasqua, della festa della mamma e del papà (che, da bravi genitori, portavano come un giogo la collana di pasta dipinta o la cartellina porta documenti di cartoncino con su papà castoro e castorino. La festa del papà è il periodo in cui  durante interi serissimi consigli di amministrazione o riunioni di azionisti, dalle ventiquattrore spuntano portachiavi di perline, segnalibri con pendagli di das e matite con in cima la fotina a molla del piccolo artista). Perché hobbisti si nasce. Lo vedi, è quel compagno di classe che, quando la maestra mostra il modellino di piatto dipinto con gli acrilici, non ci dorme la notte per farlo più bello. E' quello che ti arriva con il braccialetto dell'amicizia fatto con 467 fili colorati finemente intrecciati a creare il simbolo del legame universale maya, quello che ha lo zaino zavorrato da 22 kg di scooby doo. E' quello che fa ginnastica con la maglietta tye and dye che ha tinto con mamma la domenica in giardino, e che per il tuo compleanno di fa un biglietto di auguri pop up con tutta la battaglia finale del "Signore degli anelli".

Poi il piccolo hobbista cresce e comincia ad investire la paghetta in quei meravigliosi giornali tematici con i pezzi in uscita ogni mese per costruire la radio d'epoca, lo shuttle che decolla davvero, il modellino del Titanic, il tirex in 15.000 pezzi grande come quello del Museum of science di NY. E' abbonato a "Mani di fata" e a "Il punto croce sarà la tua vita", che diventano testi sacri da collezionare con cura. Quando però queste attività pre impostate diventano noiose e banali, e la manualità
 ha raggiunto ormai livelli che voi umani qualunque non potete immaginare, allora ecco che inizia l'auto produzione. E si va da quella che colleziona veline e tovaglioli stampati da tutto il mondo per riempire la casa di vassoi di legno e scatolette al decoupage, a quella che investe mezzo stipendio in perline e fili vari, a quella ancora che si crea una mini sartoria in casa. Se queste creative attività nascessero, vivessero (e morissero) all' interno delle mura domestiche, niente di male. Il problema è che il "fo mi" esce e si aggira per il mondo con vestiti dall'aria quadrata e dalla fantasia singolare ("belli vero i vestiti dei ragazzi? sai ho rivisto "Tutti insieme appassionatamente" di recente...e poi volevo cambiare le tende...") e maglioni fatti all'uncinetto che ti auguri raccontino la storia della povera nonna ormai orba e con una mano paralizzata che ha fatto i ferri fino a che non è spirata chiedendoti di sfoggiare quell'ultimo obbrobrio pieno d' amore. Si adornano con gioielli dall'aria etnica fatti con i noccioli dipinti della frutta estiva, o spille con enormi fiori o animali di feltro. Per il tuo compleanno ti regalano bambole in pasta di sale vestite con abitini ricamati a mano, o peggio ti confezionano sciarpa e cappello dai colori improbabili che non vedono l'ora di vederti addosso. E come fai a non esporti al pubblico giudizio? Puoi sempre invitare l'artista a cena e dire che ti si è rotto il riscaldamento, indossando così il meraviglioso dono nella privacy delle mura domestiche.
Si offrono di ritingerti le fodere del divano, obbligandoti ad una terribile ginnastica per sfoderare e rivestire i cuscini ogni volta che viene da te, ti sfidano a sforzi di fantasia per giustificare la sparizione del vaso di vetro soffiato che ti hanno fatto dopo aver seguito un seminario di 45 lezioni direttamente a Murano.
E' la mamma che ti fa sentire in colpa perchè hai vestito tua figlia da principessa dei cartoni a carnevale spendendo una cifra al Disney store, quando lei poteva benissimo farle come per suo figlio un bel vestito da pannocchia fatto in casa, o scuote la testa mentre acquisti una pochette da sera che potrebbe benissimo fare lei, chessò, riciclando una settima di reggiseno con le coppe in pizzo (non scherzo, conosco chi ne possiede una).

Parla una che ha sempre delle grandi idee ma non ha un briciolo di manualità, ma vi assicuro che i veri artisti sono comunque molto pochi. Ho visto bellissimi alberi di Natale con sagome di legno di betulla intagliate a mano, deliziosi sacchettini profuma biancheria e bauli in legno perfettamente invecchiati. Ma ho anche ricevuto un angelo da appendere con gli occhi strabici, un foulard decorato a stencil dai profili sbavati, e scatole a decoupage con le bolle d'aria a sfigurare le immagini decorative, con donnine vittoriane  dalla pelle butterata dai rivoli di colla.
E' che queste creazioni dal gusto naif sono come il parto lungo e travagliato di un brutto bambino, e si sa che ogni scarrafone è bello a mamma sua. Si sa che il bello è soggettivo ma che è legato a pretese di oggettivazione. E tu, davanti al pargoletto grassoccio con troppe sopracciglia e il naso pronunciato, ti dipingi in faccia una maschera di sorrisi e deliziata meraviglia, e metti la foto del pupo in bella mostra in salotto, magari proprio in quella cornice incrostata di conchiglie e porporina bllu che ti ha fatto la sua mamma per il tuo compleanno...

giovedì 1 novembre 2012

PUMPKIN LOVER (e il cinese di Cremona)

PRODOTTI D' AUTUNNO-2-




La zucca. Lo ammetto io la ADORO. chi mi conosce da un po' di anni sa che ne avevo fatto una vera dipendenza in una fase della mia vita. Ne mangiavo anche 2 al giorno e alla fine ho pagato l' eccesso con un colorito cirrosi epatica tipo simpson particolarmente concentrato su mani e piedi. Un vero concentrato di betacarotee, la zucca è presente in molteplici varietà sul mercato e io le ho quasi tutte, dalle butter nut squash americane, quelle a forma di ghianda verde a spicchi per intenderci, alla zucca spaghetti (la potete trovare nel post "CIBO IN MASCHERA"), alla zucca napoletana che personalmente non amo molto, troppo acquosa, quelle a pera allungata dette anche tromba -o almeno così ho sentito al mercato- che gli americani chiamano butternut perché una volta cotta e passata, diventa una vellutata cremosa senza bisogno di aggiungere panna o alto. La hokkaido, che è proprio arancione arancione tipo quelle di Halloween, dalla polpa molto dolce cremosa, per passare alla zucca di cremona e alla delica, la mia favorita in assoluto.
Questo ortaggio non è solo buonissimo, ricco di vitamina c, potassio, acqua, fibre. E' davvero povero di calorie (18 per 100g!!), si presta per preparazioni dolci e salate, e sazia tantissimo combattendo la fame nervosa. è anche un ottimo anti nausea.

mantovana

hokkaido



delica
butternut (tromba)

spaghetti


acorn squash


Io la cucino in mille modi, ottima saltata in padella con aglio, salvia e rosmarino; perfetta in crema con carote e cipolle, con una spolverata di ricotta dura grattuggiata; in purea con le patate dolci, cannella, noce moscata e pepe bianco; quelle lunghe a forma di grossa pera sono favolose ripiene con pan grattato, pinoli, nocciole tritate, crunberry secchi o uvetta e castagne lesse. Io la amo molto anche saltata con cavolfiore e lenticchie rosse, conditi con una salsa di curry, yogurt greco, senape, olio sale e pepe, usata per mantecare.

Qui vi metto i miei ultimi esperimenti alla zucca, chissà che dopo la notte di Halloween non ve ne siano rimaste in giro per sperimentare. 

- PAN DI ZUCCA:

questa ricetta l' ho fatta apposta per la mia mamma che cerca sempre di stare attenta alla linea senza rinunciare al piacere della tavola ( come il 99% delle donne).

-500g di zucca lessa
-3 cucchiai di farina integrale
-una bustina di cremortartaro
-un bicchiere di latte scremato caldo
-2 cucchiai di olio di semi
-3 albumi
-sale
-pepe
-salvia secca
-semi di zucca

Lessate la zucca, una varietà dalla polpa soda come la mantovana o la delica sono perfette. Schiacciatela con una forchetta o con lo schiaccia patate, deve rimanere grossolana comunque, non una crema. mescolate con la farina, il cremortartaro, l' olio, sale, pepe e salvia e aggiungete gli albumi. Incorporate il latte caldo, a seconda della consistenza dell' impasto. Imburrate leggermente uno stampo da plumcake e versatevi il composto. decorate con i semi e infornate 40 minuti a 180 gradi.





- IL CINESE DI CREMONA

Una volta tarocchiamo noi. Dopo tutte le "cino-giappo-tLattoLia-toscana-con-foLno a legna nippoletano"...

Ravioli al vapore con ripieno di zucca, ricotta, parmigiano, salvia e amaretti.

250g di farina bianca e acqua tiepida qb per l' impasto. fate almeno 150ml d' acqua, l' impasto deve risultare molto morbido e gommoso, tipo DiDò come consistenza, molto elastico senza incollarsi alle dita.
Per il ripieno polpa di zucca saltata in padella con olio e salvia, poi schiacciata con la ricotta, gli amaretti secchi sbriciolati e il parmigiano.
Preparato l' impasto, lasciatelo ad idratarsi a temperatura ambiante coperto per almeno un' ora. Stendetelo con il matterello sottilmente e tagliatelo a tondi con un coppa pasta. Poi io ho un fantastico stampino apposta per chiudere i ravioli al vapore, ma potete anche mettere il ripieno al centro e sollevare i bordi chiudendoli a sacchettino, piuttosto che chiuderli a mezza luna e sigillarli con la forchetta avendo cura di far uscire bene l' aria.
Potete metterli in vaporiera 15 minuti o come me 3 minuti nel microonde negli appositi contenitori per la cottura a vapore da forno microonde.
Io li ho accompagnati con un' emulsione di salsa di soya e miele di castagno che si sposa benissimo con il sapore della zucca. Carini no?






-DOLCETTI SANI

Questi dolcetti sono ideali come pre o post work out.

-due cucchiai di farina d'avena
-uno di fiocchi d' avena
-un uovo
-patate dolci (2)
-zucca (delica, manotvana,hokkaido) 400g lessa
-cannella, zenzero, noce moscata, vaniglia
-due cucchiai di sciroppo d' acero
-un bicchiere di latte do soya tipedo (o latte scremato).il bicchiere è sempre indicativo, regolatevi poi voi con le consistenze.
-uvetta se piace

Riducete in purea le patate americane e la zucca lessate e condite con le spezie. Aggiungete l' avena sia in farina che in fiocchi, l' uovo sbattuto con lo sciroppo d' acero, e aggiungete il latte fino ad ottener la consistenza dell' impasto dei muffin per orientarvi.
Distribuite il composto nei pirottini e infornate 15 minuti a 180 gradi.