Martedì è stata la loro festa, e trovo
davvero che sia una delle ricorrenze più azzeccate del calendario. Sto parlando
della giornata dei nonni. Quelle persone meravigliose con cui i più fortunati
hanno avuto la possibilità di diventare grandi. A me restano quelli materni, ma
ho avuto modo di conoscere anche quelli dalla parte di papà. Non sono stata una
di quelle bambine che stavano con i nonni tutti i giorni da dopo la scuola fino
a cena, e nemmeno sono mai stata parcheggiata da loro nella prima infanzia. Ma
ho accumulato tanti di quei bei ricordi che forse un’assidua frequentazione non
mi avrebbe permesso di mantenere così vividi e distinti nella memoria. I nonni
ti fanno sentire una principessa, ti super viziano con regali e mancette
sottobanco ad ogni età, quelle “bustarelle” che iniziano il battibecco con i
genitori: “ridalli alla nonna”-“ma me li ha dati lei!”-“non importa, sai che
non devi accettare”. E allora le trattative sugli extra-paghetta si conducono
in segreto, lontano dagli occhi della “mamma-finanziere”. Quella Barbie che
tanto vorresti, e che dovresti aspettare fino a Natale, diventa tua con un paio d’occhiate tipo
cucciolo di foca e una fuga pomeridiana con la nonna al negozio di giocattoli.
Che festa poi quando il giovedì (giorno di visita della nonna Mariuccia) la si
trovava a colazione che ti aspettava. Il nonno la lasciava da noi “sulla via
per la fabrichètta” alle 7 del mattino e lei ti guardava fare colazione (e se
c’erano gli special K allo yogurt sul tavolo, si pescava tutti quelli ricoperti).
Il giorno del parrucchiere poi, da piccola, per me era una meraviglia, perché
il salone destinato ad acconciare mamma e nonna era a Bergamo. Quindi a casa da
scuola e gita fuoriporta con tanto di godurioso pranzo con focaccia calda con
crudo e fontina al solito bar. Sì, perché le nonne sono anche sinonimo di
“parentesi culinaria” settimanale. E allora via a gnocchi alla romana
ordinatamente schierati e lucidi di burro, a succose e filanti parmigiane di
melanzane (tutto in rigorosa doppia porzione, una da congelare per i momenti di
magra). E il prosciutto crudo “speciale del Paolo”, la focaccia della Lori, la
prestinaia di Milano 2, i suoi tortelli e le chiacchere a febbraio, quando
uscivi da scuola che l’aria sapeva già un po’ di primavera e zucchero a velo…
un fantastico e soddisfacente sbriciolare sul sussidiario mentre sbocconcellavi
le delizie carnevalesche, tra una rivolta dei Babilonesi e una bonifica delle
paludi sumere. E fare piccole impronte di unto sul Pigna cento mentre ti
destreggiavi tra un tortello e un’equazione. E dopo i compiti? Beh, le attività
pomeridiane si sono evolute con la crescita. Io e mia nonna per anni abbiamo
passato i pomeriggi a giocare a pallamano. Poi con le palline di gomma che rimbalzano.
Poi a pallavolo con i palloncini reduci di qualche festa di compleanno, che
saltellavano per casa fino ad aver raccolto un accettabile quantitativo di
polvere per poi sparire misteriosamente. Insomma, il fil rouge è sempre stata
la palla, perché è un gioco che permette di chiacchierare e raccontarsela. Perché
le nonne sono grandi ascoltatrici, e la mia oltre che un gran cuore ha davvero
un gran paio d’orecchie che, con tutto il mio ciaccolare ininterrotto, devo
aver notevolmente messo alla prova. Poi crescendo siamo passate per la fase dei
giochi da tavolo. E lì era guerra tra “Memory” e “Uno”. Ho ancora qualche
foglio segna punti in giro. L’ultima fase è stata quella del riordino. Si
chiacchera sempre, ma intanto si puliscono i pennelli e le spugnette del
trucco, si fa pulizia nel guardaroba, si censiscono gli accessori e si
scandiscono i quarti d’ora con esclamazioni del tipo “ma questo è doppio,
quanta roba hai!? Passami il sacco nero-nonna no! quello mi serve!”. I nonni?
certo ci sono anche loro. Ma i miei sono sempre stati dei gran lavoratori, i
self made men del loro tempo, gli imprenditori imperturbabili con severi orari
di lavoro. Intimorivano un po’, ma sono tuttora un esempio importante e fonte
di continua ispirazione.
Poi si diventa grandi e i nonni li si
vede sempre meno. Ci si dimentica quasi dei tempi in cui erano compagni di
gioco, delle vacanze insieme, dei post pranzo a “Beautiful” e “Sentieri”, che
pazienza se guardi una volta le settimana, la nonna fa sempre efficaci
riassunti delle puntate precedenti. Gli si telefona ogni tanto. Niente di
peggio, perché i nonni sono come le fate. Se smetti di credere in loro la loro
luce si appanna, se non rispondi più al volo come da bambino con la frase “ma
nonna, ma nonno tu non sei vecchio!”, allora cominceranno ad acciaccarsi. Quindi
riscopriamo i nostri nonni, continuiamo a spettegolare con la nonna e questa
volta magari cuciniamo noi per lei. La mia ha avuto una fase vegana (eccezion
fatta per gli accessori in pelle, il salame, il salmone affumicato e la polenta
taragna), e ora una bio-salutista. Questo ci ha avvicinate di nuovo, ci
scambiamo opinioni, consigli e ricette.
Oggi vengono a pranzo, e ho pensato
per loro un menu accattivante e vegetariano. Al caffè staremo sul divano a
contarcela un po’. E se il nonno si addormenta, chissà che non riesca a giocare
un po’ a palla con la nonna.
Preziosissimi nonni! Peccato non esserne sempre consapevoli quando sono ancora con noi!
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